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Autonomia differenziata: la Corte costituzionale dichiara numerosi profili di illegittimità

La Consulta boccia diversi articoli della legge sull’autonomia differenziata, evidenziando violazioni dei principi costituzionali di uguaglianza e solidarietà tra le Regioni

La Sentenza 14 novembre 2024, n. 192 della Corte costituzionale riguarda il tema dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario e la legittimità costituzionale delle disposizioni previste dalla legge 26 giugno 2024, n. 86, volta a regolare le modalità di attribuzione delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia previste dall’art. 116, terzo comma, della Costituzione.

Principali rilievi di incostituzionalità

La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di diverse disposizioni della legge n. 86/2024 per violazione del principio di differenziazione, previsto dall’art. 116, terzo comma, Cost. In particolare, le criticità emerse includono:

  1. Attribuzione delle funzioni: La legge consentiva l’attribuzione di tutte le funzioni relative a materie o ambiti di materie, invece di prevedere specifiche funzioni. La Corte ha stabilito che ciò viola il principio di differenziazione, che richiede una modulazione precisa e specifica delle funzioni attribuite.
  2. Determinazione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni):
    • I LEP venivano determinati per materie o ambiti di materie e non per specifiche funzioni, contravvenendo al principio di differenziazione.
    • La delega per la determinazione dei LEP è stata giudicata generica e insufficiente nei criteri direttivi, portando alla dichiarazione di incostituzionalità.
  3. Negoziazione Stato-Regioni: La previsione di negoziati riferiti a materie o ambiti di materie, anziché a singole funzioni, è stata giudicata illegittima. Inoltre, l’assenza di giustificazione basata sul principio di sussidiarietà ha contribuito alla dichiarazione di incostituzionalità.
  4. Finanziamento delle funzioni attribuite:
    • La modalità di ricognizione annuale dei fabbisogni, con variazioni delle aliquote di compartecipazione decise tramite d.P.C.m., è stata giudicata irragionevole e in violazione dei principi di buon andamento, finanza sana e solidarietà interregionale.
    • La clausola di invarianza finanziaria, che escludeva maggiori oneri per le future intese, è stata considerata incompatibile con la garanzia dell’equilibrio di bilancio e l’effettiva erogazione dei LEP.
  5. Aggiornamento dei LEP tramite d.P.C.m.: La competenza attribuita al Presidente del Consiglio dei ministri, anziché a decreti legislativi, è stata considerata irragionevole.
  6. Procedura legislativa e coinvolgimento delle Regioni: Alcune previsioni riguardanti il negoziato e la deliberazione delle intese tra Stato e Regioni sono state ritenute irragionevoli e in violazione del principio di leale collaborazione.

Questioni giudicate non fondate

La Corte ha invece respinto diversi ricorsi, tra cui quelli delle Regioni Puglia, Toscana, Campania e Sardegna, relativi a:

  • la violazione del principio di differenziazione;
  • la mancata consultazione con le Regioni in sede di Conferenza;
  • presunti squilibri finanziari derivanti dalle modalità di attuazione delle intese.

In tali casi, la Corte ha ritenuto che la disciplina rispettasse i margini di discrezionalità costituzionale.

Implicazioni della sentenza

La sentenza sottolinea l’importanza di una disciplina puntuale e rispettosa dei principi costituzionali, in particolare per:

  • il principio di differenziazione, che richiede una precisa specificazione delle funzioni attribuite;
  • la leale collaborazione tra Stato e Regioni;
  • l’equilibrio di bilancio e la solidarietà interregionale, come fondamenti dell’autonomia differenziata.

L’invalidazione di numerose disposizioni chiave della legge n. 86/2024 comporta la necessità di una revisione legislativa per assicurare la conformità con i parametri costituzionali.

Fonte: Corte Costituzionale, sentenza sull’autonomia differenziata, pubblicata sulla GU Numero 41/2024, dicembre 2024.