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Le ombre oscure sul rilancio del “Ponte sullo Stretto”: Il Dossier

Il “Ponte sullo Stretto”, un’opera dal costo elevatissimo e ingiustificato (14,6 miliardi di euro, quasi un punto di PIL), di cui non è stata ancora dimostrata la costruibilità.
Il dossier “Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del ponte” Kyoto Club, Lipu e WWF, di seguito, è stato stilato grazie al contributo di un qualificato pool di esperti, individuando le principali questioni che rimangono ancora irrisolte.

Profili di illegittimità e di incostituzionalità delle norme relative alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina (legge 29.12.2022 n. 197 e decreto legge 31.3.2023 n. 35 con le modificazioni apportate dalle Commissioni) di Aurora Notarianni, Giuseppe Vitarelli e Antonio Romano, avvocati in Messina.

Violazione degli artt. 77 e 3 della Costituzione e 1372 e 1965 c.c.
Il decreto legge n. 35/2023 contrasta con l’art.77 Cost. per la palese mancanza dei requisiti essenziali di “necessità” e “urgenza” con riferimento alle disposizioni che avrebbero dovuto essere assunte con legge ordinaria e le relative garanzie procedimentali.
Tanto più che il d.lgs. 50/2016 con il “correttivo” d.lgs. 56/2017 (Codice appalti) ha abrogato la cd. “legge obiettivo” n.443/2001 che dettava la disciplina speciale riguardante le infrastrutture strategiche, tra cui il Ponte sullo Stretto di Messina, escludendo l’opera dai fabbisogni infrastrutturali fino al 2030.
Il provvedimento non è corredato né di analisi tecnico normativa (ATN) né di analisi di impatto della regolamentazione (AIR).

Le relative disposizioni non hanno nemmeno la caratteristica della “straordinarietà” tenuto conto che il MIMS ha approvato, il 7 marzo 2022, il PNRR per migliorare l’attraversamento dinamico dello Stretto di Messina stanziando risorse per 510 mln di euro, così garantendo la continuità territoriale e lo sviluppo naturale dei collegamenti in coerenza con la programmazione europea dei corridoi plurimodali..
Non riveste il carattere della “straordinarietà” neppure l’esigenza di definire il contenzioso pendente instaurato da Eurolink (Contraente Generale) ed altri nei confronti della Presidenza del Consiglio sulla base di prospettate rinunzie (e relative accettazioni) dopo il recesso legittimo, la caducazione e l’estinzione di tutti gli atti relativi ai rapporti di concessione e di ogni rapporto contrattuale stipulato dalla società Stretto di
Messina concessionaria in liquidazione, con effetto dal 2 novembre 2012 in forza del decreto legge n. 187 del 2012 (successivamente l’art.34 decies legge 221/2012).
Tanto più che la legge n.197/2022 all’art.1 revoca lo stato di liquidazione della società Stretto di Messina, in deroga all’articolo 2487-ter, II comma, c.c. (comma 491) e dispone la sospensione dei giudizi civili pendenti (comma 488) rendendo così disponibile tutto il tempo necessario all’esame della legge secondo il procedimento ordinario.

La legge di bilancio n.197/2022 all’art.1 si pone, altresì, in contrasto con l’art.3 della Costituzione per la violazione del principio di irretroattività della legge, anche in materia civile sotto il profilo dell’irragionevolezza sia per la sospensione dei giudizi civili pendenti (comma 488), sia per l’abnormità della norma che vorrebbe imporre una transazione tra privati (concessionario e appaltatore) in contrasto con l’articolo 1965 c.c. che assegna alle parti il relativo potere (commi 489 e 490) per il principio intangibile che il contratto ha forza di legge tra le parti e del legittimo affidamento (art. 1372 c.c.), sia per il profilo della non conformità alle norme europee sulla concorrenza e il mercato della revoca dello stato di liquidazione della società in deroga all’articolo 2487-ter, II comma, c.c. (comma 491) con radicale modifica della compagine societaria e ripristino della durata del rapporto di concessione (30 anni dall’entrata in esercizio dell’opera), degli atti estinti e resi nulli.

Violazione degli artt. 87 comma 7, 101 comma 2, 104 comma 1, 117 della Costituzione e 6 CEDU, art.11 Legge n.400 del 1988
Sotto il profilo dell’indebita ingerenza del potere legislativo ed esecutivo nel processo giudiziario in corso avente ad oggetto la risoluzione del contratto promosso da Impregilo e altri c/ Stato italiano pendente in fase di impugnazione della sentenza n.22386/2018 innanzi alla Corte d’appello di Roma (r. g. n.29/2019).
Non si tratta, infatti, di una legge provvedimento (come pur autorevolmente sostenuto) ma di una originale legge contratto o – meglio – legge transazione che concretamente incide sul diritto di proprietà dei singoli cittadini e delle imprese.
L’art.1 comma 1 lett. d) punto 5 affida, inoltre, ad un Commissario straordinario, nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro delle Infrastrutture e non dal Presidente della Repubblica, il potere (arbitrario) di agire in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, con violazione art.11 Legge n.400 del 1988.

La legge n.197/2022 (art. 1 commi 487- 492), infatti, reitera i vincoli per gli espropri incidendo in modo “autoritario” su diritti dei privati con violazione del principio della separazione dei poteri dello Stato, in quanto impedisce alla magistratura di pronunciarsi sulla relativa vicenda processuale, successiva alla caducazione dei rapporti e da cui deriva l’evidente violazione del principio di equo processo sotto i molteplici profili della violazione dei principi di parità di armi nel processo, di buona amministrazione della giustizia, di legittimo affidamento dei cittadini tutelati all’art.6 CEDU, 47 e 48 Carta di Nizza applicabile in forza del parametro interposto di cui all’art.117 comma 1 Cost.

Violazione degli articoli 81, 97, 117 della Costituzione, art.72 paragrafo 1 della direttiva 2014/24/UE
La legge costituzionale n. 1 del 2012 ha previsto, modificando l’articolo 81, l’obbligo per lo Stato di assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
La legge ed il decreto legge suddetti sono privi di copertura finanziaria – tanto risulta dal Documento di Economia e Finanza 2023 “Strategie per le Infrastrutture, la mobilità e la logistica” al paragrafo IV Ponte sullo Stretto (pagg.79/80) – e prevedono, anche solo con la revoca dello stato di liquidazione della società Stretto di Messina, costi indefiniti a totale carico dello Stato (dal valore di gara di 3,9 miliardi al costo stimato in oltre 13 miliardi di euro), con violazione dell’articolo 97, oltre che dell’articolo 81 Cost.
La norma è illegittima per violazione dell’art.117 Cost. anche sotto il profilo delle modalità indicate per provvedere al finanziamento dell’opera in quanto realizza una indebita ingerenza nei confronti delle Regioni con riferimento alle risorse messe a loro disposizione a valere in particolare sui fondi per lo sviluppo e la coesione (art.3 comma 1 allegato III cit.).
Neppure il comma 8 bis dell’art.2, introdotto nel testo del decreto con le modificazioni, che prevede il limite massimo del costo complessivo dell’opera è conforme all’art.72 paragrafo 1 della direttiva 2014/24/UE norma applicabile ai contratti durante il periodo di validità e non a quelli i cui rapporti sono estinti o caducati.

Violazione degli articoli 9, 32, 41 e 42 in relazione agli artt. 2 e 117 della Costituzione
La tutela del paesaggio e dell’ambiente, anche nell’interesse delle future generazioni 9 (art. 9 Cost.), rientrano tra i principi fondamentali e prevalgono nel bilanciamento dei valori rispetto ai principi affermati all’art.16 e all’art.119 in quanto valori primari e sistemici (Corte Costituzionale n. 179 del 2019), anche sotto i profili della tutela della salute (art.32) e della funzione sociale dell’impresa (art.41), diritti inviolabili dell’uomo e adempimento del dovere di solidarietà di cui all’articolo 2 Cost, tanto più considerato che la libera circolazione è assicurata dal collegamento plurimodale e gli svantaggi dell’insularità non sono direttamente ed univocamente riconducibili all’attraversamento dello Stretto di Messina.

Le norme che dispongono la realizzazione di un progetto, privo di valutazione ambientale in spregio alla vocazione naturalistica dei luoghi di rara bellezza e fragilità in ambiti tutelati delle direttive comunitarie per la più alta concentrazione di biodiversità al mondo, sono irragionevoli in quanto non considerano l’opzione zero (ovvero le soluzioni alternative già in essere con il PNRR), apprestano un quadro normativo inidoneo a
garantire la tutela dell’ambiente (l’art.2 del d.l. limita le valutazioni istruttorie solo agli aspetti che non siano già stati valutati o siano stati oggetto di valutazioni negative assegnando un termine brevissimo di soli 90 giorni).

Le disposizioni censurate si pongono in contrasto con l’art.117 lettera s) 11 di tutela degli ecosistemi e, come parametro interposto, delle norme europee e convenzionali sul paesaggio (neppure citate nel preambolo del decreto) in linea con l’evoluzione interpretativa della riforma del Titolo V, modificativa dell’art.117, secondo comma Cost.
Il testo con le modificazioni aggiunge all’art.3 bis sulle “procedure espropriative relative all’opera” lo spazio internet ad accesso riservato denominato cassetto virtuale andando ad incidere sul diritto di proprietà e su ogni diritto di godimento degli espropriandi con procedure prive di garanzia in violazione all’art.42 commi II e III Cost.

Violazione dell’art. 117, anche sotto il profilo della violazione della Direttiva 2014/24/UE (art.72), e degli artt. 118 e 120 della Costituzione
La (ri)assegnazione del contratto non in corso di validità (estinto da più di 10 anni) alla concessionaria e al General Contractor (ATI Eurolink) senza una gara pubblica realizza un illegittimo ed ingiusto vantaggio patrimoniale a danno delle imprese concorrenti con esposizione ingiustificata della responsabilità patrimoniale dello Stato.

Le norme in contrasto investono tutti gli aspetti:

  1. la revoca dello stato di liquidazione e la modifica della compagine sociale della Stretto di Messina, senza il rispetto delle norme di controllo, e la concessione stimata in 30 anni, in violazione dei principi sulla concorrenza e di contenimento della spesa pubblica previsti dal decreto legislativo n.175/2016 nella parte in cui giustificano il mancato ricorso al mercato con i benefici per la collettività riferiti agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche;
  2. l’esecuzione dell’opera da parte dell’ATI decaduta e priva di due società non più in bonis;
  3. l’oggetto del contratto non è definito. Mancano l’esecutività del progetto, le autorizzazioni urbanistiche per l’automatica variante ai relativi strumenti con violazione delle competenze amministrative sia regionali che comunali, manca l’adeguamento alla normativa ambientale, alle innovazioni tecniche e strutturali, manca l’osservanza degli strumenti di partecipazione e, infine, per l’aumento del costo non è compatibile con gli obiettivi di finanza pubblica e di pareggio di bilancio come prima esposto e neppure con i finanziamenti europei che non prevedono l’opera.
    Non è sostenibile, dunque, la tesi secondo cui recuperare il rapporto preesistente realizza il principio del “risultato utile” per non disperdere il lavoro svolto e l’esperienza acquisita per cui basterebbe semplicemente riavviare lo studio sul progetto dell’opera e non la sua (fantomatica) realizzazione. Il rispetto delle norme interne ed europee esige, invece, che siano rispettati i limiti alle modifiche imposte dalla direttiva UE (art. 72) in quanto le prevedibili sostanziali modifiche al progetto e al contratto rendono obbligatoria l’indizione di una nuova gara.

Violazione art. 11 della Costituzione, artt. 101-109 TFUE, Dir. 2006/123/CE in tema di leale concorrenza nel mercato europeo
Il decreto legge n. 35/2023 agli artt.1, 2, 3 e 4 contrasta con i principi di buona concorrenza nel mercato, considerato nella totalità della sua dimensione a livello europeo, e con il TFUE (artt. da 101 a 109) ed il protocollo n. 27 sul mercato interno e sulla concorrenza che garantiscono un sistema orientato ad un’equa concorrenza, colonna portante del mercato interno, elusa dalle previsioni: sull’assetto societario e la governance della società Stretto di Messina (art.1), sulla concessione affidata che riacquista efficacia (art.2), sul riavvio delle attività di programmazione e progettazione dell’opera (art.3) e degli atti aggiuntivi (art.4).
La violazione di un trattato (TFUE) costituisce anche violazione dell’art. 11 Cost., che contiene principi fondamentali della Costituzione che prevalgono nel bilanciamento dei valori. Per la “primazia” del diritto dell’Unione Europea la norma interna contrastante con il diritto dell’Unione deve essere disapplicata, in mancanza di “controlimiti”, nei casi in cui occorre assicurare la tutela dei diritti fondamentali della persona, che nella fattispecie in oggetto vengono tutelati applicando anche le norme dell’Unione Europea (v. art. 2, 3, 9, 32, 41 e 42 Cost. sopra richiamati).
E’ inoltre violata la direttiva dell’UE 2006/123/CE, meglio nota come Direttiva Bolkestein, volta ad eliminare ogni genere di barriera allo sviluppo del settore dei servizi fra gli stati membri, secondo la più recente giurisprudenza e l’adattamento ai superiori principi da parte del Consiglio di Stato.